Oggi mi alzo verso le 7, prima della sveglia, anche perché mi ricordo di aver fatto un mezzo incubo nella notte.
Solita routine, colazione con tea e banana, visita sul roof top, e poi si parte con Sunjan verso l’ospedale, alle 9 arriva la giovane Bibhuti.
Arrivo in orario, ma non c’è ancora né Sadna né Bibhuti. Mi prendo un tea e poi vado nella mia stanza a rileggermi un po’ gli appunti.
Dopo poco spuntano entrambe e vengono in stanza, Sadna vuole essere presente per vedere il mio operato, oggi si lavoro sull’emozione di non sentirsi importante(worthless). Faccio fare i soliti esercizi di centratura e rilassamento a Bibhuti e poi parto con l’induzione che le avevo fatto ieri.
Le chiedo, quindi di andare alla prima che si è sentita inutile, di non valere, e va a quando aveva 15 anni; le chiedo se è la prima volta che si è sentita così e mi risponde di sì. A quel punto capisco che molto probabilmente non è andata giù, non è in stadio ipnotico (normalmente la prima volta in cui una persona ha questo genere di emozione è tra i 3 e i 6 anni…).
Vado avanti, le chiedo di vivere quel momento, quella situazione dall’alto, e poi di trovare prima l’insegnamento poi la risorsa utile che le sarebbe servita, ma lei non riesce a trovarla, secondo chiaro indizio che non è in ipnosi. Gliela trovo io la risorsa, essere orgogliosa di sé stessa, e la mando alla prima volta che si è sentita orgogliosa, ma per tre volte va ad una situazione negativa. Ok, capisco definitivamente che non è in stato ipnotico e tratto la situazione come una visualizzazione. Completo la sessione facendole visualizzare un momento in cui è stata felice ed orgogliosa di sé stessa e poi le faccio aprire gli occhi.
Le chiedo se la presenza di Sadna le ha messo un po’ di tensione, mi risponde di no, ma solo per paura di ferire Sadna stessa.
Finiamo la sessione, usciamo, ne parlo con Sadna e poi con Bibhuti in cortile, la quale alla fine mi confessa che si è sentita un po’ in tensione per la sua presenza. Le prometto che per la prossima sessione, saremo soli e faremo qualcosa di nuovo.
Mi prendo un po’ di pausa prima di iniziare con Shushant, faccio una passeggiata fuori dove mi rendo conto che il mio lavoro qui sta per terminare; mi rendo anche conto che i nepalesi hanno una tendenza continua a sputare per terra, scaracchiando pesantemente…
Lavorerò per i giorni a venire che mi rimangono con Bibhuti la mattina dalle 9 alle 11, prima che lei vada a scuola, e dopo con Shushant con cui spero di terminare il tutto con buoni risultati. Quindi scrivo a Narayan che lunedì e martedì mi piacerebbe andare a scuola dai ragazzini. Ho preferito fino ad ora lavorare in ospedale per aiutare i pazienti con le mie tecniche, ma ora trovo giusto dedicare a dei ragazzini un po’ del mio tempo, magari facendo loro vedere ed insegnando qualche magia.
Rientro e si parte con Shushant, prima gli faccio un interrogazione dell’inconscio ideomotorio, cioè non in ipnosi col solo movimento del suo corpo e dove le risposte posso essere solo SI/NO; il suo inconscio mi conferma che c’è una parte in lui che sta resistendo al cambiamento.
Allora passo alla vera e propria interrogazione dell’inconscio; lo mando giù con un induzione che è un mix fra quella di Elman e la ercksoniana classica.
Va giù alla grande ed inizio l’interrogazione richiedendo all’inconscio se c’è una parte che sta bloccando i cambiamenti positivi di Shushant, mi risponde di sì, gli chiedo di che parte si tratta e rimane zitto, non riesce a darle un nome; a quel punto chiedo all’inconscio semplicemente di passarmela, di farmici parlare, acconsente; questa parte “appare” ed incomincia un lungo dialogo, le chiedo il suo nome, non mi risponde, le chiedo allora come posso chiamarla, mi risponde “process”(processo).
Le chiedo se c’è un valido motivo per cui i miglioramenti di Shushant verso una vita normale debbano essere rallentati, mi risponde che è parte del processo; allora le faccio capire con una serie di domande che Shushant soffre di questi attacchi che gli stanno bloccando la possibilità di riprendere una vita normale in cui avrebbe un sacco di progetti, tra cui riprendere il suo lavoro(insegnava a dei teenager diverse materie); la parte “processo” mi risponde che ha compreso, ma ci sono ancora delle emozioni da pulire; gli dico che lo so, in particolare quella relativa alla morte del padre, e poi gli chiedo se ce ne sono altre; mi risponde di sì, l’odio che Shushant ha provato dai 15 ai 18 anni; le chiedo allora se risolte, pulite queste due emozioni/situazioni Shushant vedrà scomparire tutti i suoi sintomi, le sue crisi, e potrà riprendere la sua vita normale; Processo mi risponde”se risolte si”; gli chiedo allora se ripulendo l’odio e la morte del padre, nello stesso modo in cui ho pulito le precedenti emozioni (paura dell’abbandono, tristezza e disappunto verso le relazioni, e rabbia), tutti i sintomi spariranno e Shushant potrà tornare alla sua vita; Processo mi risponde di sì.
A quel punto torno a parlare col suo inconscio e faccio le stesse domande a lui, e anch’esso conferma.
Ora c’è da ripulire solo queste due ultime parti. “Risveglio” Shushant e gli do un po’ di tempo per processare il tutto, dicendogli che abbiamo ancora 4 giorni più oggi pomeriggio per lavorare su questi due aspetti e quindi di valutare anche lui come si sente di procedere.
Lunga pausa, poi pranzo con tutti i pazienti al refettorio. Ci richiudiamo poi con Shushant in stanza che mi fa tutta una serie di rivelazioni. Mai avrebbe pensato di parlare delle sue emozioni e solo l’ipnosi gli ha permesso di farlo, è molto contento del lavoro fatto insieme e che oggi a pranzo ha avuto una mezza crisi.
Per la giornata allora decido di non fare altre sessioni, lavoreremo nel week end sulle due ultime emozioni, la mattina con lui si lavora molto meglio, nel pomeriggio spesso sono spuntate qualche crisi.
Sono le 5 e potrei andare a casa, stasera c’è il programma la seratona coi ragazzi, ma decido di riprovare a fare del mesmerismo a Ralph, potrebbe fare molto bene alla sua ansia.
Gli faccio fare i soliti esercizi di centratura, vado di sensibilizzazione e mesmerizzazione dicendogli di rilassarsi e lasciare che accada.
Sembra essere andato giù, ma con lui è difficile esserne certi. Lo lascia lì 25 minuti e poi lo tiro su, lo risveglio, il suo feedback è che si è sentito molto rilassato.
Gli faccio allora la domanda topica:”quanto tempo pensi di essere stato in questo stato?” Mi risponde: “5 minuti”; ok, forse è andato giù veramente perché non si è reso conto del tempo, possiamo continuare i prossimi giorni.
Lo congedo, ora è tempo di andare penso, ma mi trovo di fronte alla porta della mia stanza l’assistente di Sadna con una ragazzina, Grishna, una nuova paziente che voleva parlarmi.
La faccio entrare, l’avevo già vista, era lì da due giorni.
Mi racconta la sua vita: a due anni maltrattata fisicamente dal padre “biologico”, lo chiama così; la madre molla il padre e si trasferiscono dal Nepal in California dove la madre inizia a frequentare uno che faceva parte di una gang, che abusa sessualmente della giovane Grishna; la madre faceva ancora l’high school, molla dopo un po’ questo personaggio e si mette con un altro, che Grishna chiama “stepdad”, che ha problemi di alcol e droga e usava violenza su di lei.
Mi racconta di essere stata in varie cliniche psichiatriche dove l’hanno imbottita di medicinale di cui ha avuto anche problemi di intossicazione.
La madre un mese fa l’ha riportata in Nepal dai nonni perché in US il Child Protection
Program probabilmente gliel’avrebbe portata via e data ad altra famiglia.
Mi racconta problemi di paranoia, di notte vede entità strane. Le emozioni che la pervadono sono tristezza, paura e rabbia.
Io sono piuttosto toccato, qui ne ho viste tante, ma così ancora no; la ragazzina poi ha 15 anni, l’età di mio figlio, durante il suo racconto mi viene quasi da piangere, ma riesco a rimanere quasi impassibile.
Le spiego allora come lavoro io, che avrei provato ad aiutarla, e che non avevo molto tempo perché sarò in ospedale solo per altri quattro giorni.
Prima di lasciarla le chiedo di scrivermi nome, cognome e data di nascita sul mio quaderno, partirò dalla numerologia come mio solito.
Lascio l’ospedale che sono le 18:30, emotivamente toccato. Inizio subito a chattare col mio coach sulla via del ritorno, spiegandogli la situazione della ragazza; mi dice che potrei anche non prenderlo come caso, ma non me la sento, gli rispondo che ha l’età di mio figlio, e se mi è capitata un motivo c’è. Sicuramente non posso risolverle la situazione, tantomeno in 4 giorni, ma qualcosa di buono posso forse farlo per lei.
Arrivo a casa ancora scosso da racconto della ragazza, vado sul roof top e “logicizzo” il tutto, anche se mi piacerebbe non posso salvare il mondo, farò il massimo per la ragazza.
Doccia fredda per resettare, e si parte alla volta del centro, Thamel, con Narayan e Sunjan per la nostra seratona.
Sunjan era eccitatissimo, si era comprato addirittura un paio di scarpe nuove per l’occasione.
Ceniamo in un bel locale, fuori sul balcone, mangiando bene ed abbondantemente; facciamo grandi chiacchere, soprattutto sul tema “donne”, è un po’ il loro chiodo fisso in queste serate.
L’aspetto economico gli impedisce un po’ di uscire in centro e “fare serata” a caccia di fanciulle e nella vita quotidiana non c’è nulla di interessante, per Narayan sono quasi tutte già sposate, Sunjan non frequenta l’università perché è nella sua città natale, lontana da Kathmandu, dove lui va solo per fare gli esami e trovare la madre.
Finita cena ci dirigiamo verso il club dell’altra volta, il LOD, il più famoso di Kathmandu.
Mi accorgo subito alla cassa, mentre pago, che intorno avevo solo uomini; entriamo, prendiamo qualcosa da bere ed iniziamo a ballare. Dico subito a Narayan che c’è qualcosa che non va, gli chiedo se c’è qualche festa indiana in questo periodo, perché il locale mi sembra pieno di indiani posh, anche piuttosto arroganti.
Ad un certo punto la sala si riempie ed uno di questi indiani con Polo a colletto in su tocca il sedere ad una ragazza nepalese che chiama subito il buttafuori, ma quest’ultimo non fa praticamente nulla. La cosa mi fa talmente arrabbiare che quando questo rinizia coi suoi amici ad avvicinarsi alla ragazza ed al suo gruppo di amiche, io mi metto in mezzo, lo guardo male e lo minaccio di fargli del male se lo rifà. Questo prende e se ne va in bagno mentre gli amici si mettono a fare un video di me mentre si balla come a prendermi in giro.
Sono piuttosto innervosito dalla situazione; Narayan ha capito cosa sta succedendo, c’era un famoso DJ indiano per la serata…
Decidiamo quindi di lasciare il locale, era solo pieno di ragazzetti tra i 20 e 30 anni indiani arroganti.
Una volta fuori, è ancora mezzanotte, dico a Narayan di andare al secondo club della città, saranno tutti lì i nepalesi.
Ci incamminiamo e quando arriviamo davanti il gelo, è chiuso.
Ci infiliamo quindi nel primo club dove c’è musica che troviamo; pago, entriamo ed il posto è surreale, un club, meglio forse chiamarlo nightclub, mezzo vuoto, con musica tra il progressive e la techno fortissima, quasi solo uomini e qualche ragazza un po’ “ambigua”,
Ci sediamo ad un tavolo a bordo pista e prendiamo 3 birre; la musica non è male, Sunjan è scatenato, ama ballare, mentre Narayan decisamente meno.
Con Sunjan ci buttiamo in pista, grandi danze e soprattutto grandi risate.
Stiamo dentro oltre un’ora, la situazione è talmente surreale che ci facciamo delle risate a crepapelle.
Verso la 1:30 spuntano in pista una ventina di indiani, li riconosciamo subito e dopo poco decidiamo di andare, di tornare a casa, dove nel giro di mezz’ora arriviamo.
La giornata è stata lunga ed intensa, ho bisogno di riposare. Domani è sabato, sarebbe festa, ma io andrò lo stesso in ospedale e così domenica, anche se magari con orari piu rilassati.
Voglio cercare di finire il mio lavoro su Shushant, vedere cosa posso fare per Ralph e soprattutto per la giovane Grishma.
Tornato in Italia avrò tutto il tempo per riposarmi al mare con mio figlio, che mi manca. Per ora esiste per me solo il bene dei miei pazienti, ho preso molto sul serio questa mia esperienza.
NAMASTE 🙏
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