Dopo la seratona coi ragazzi, mi sveglio verso le 9 e mi metto a scrive la special edition del diario sulla serata di ieri.

Una volta finita, esco per concedermi finalmente un cappuccino ed una brioche, è sabato, l’ospedale è comunque aperto e ho promesso a Shushant che nel pomeriggio sarei passato per lavorare con lui. 

Torno dal cappuccino ed incontro in casa i ragazzi, appena svegliati, ma ancora col sorriso dalla serata di ieri. 

Intanto, altro blackout e mi lavo i denti ed altro al buio.

Decido di riposarmi un po’ prima di incamminarmi verso l’ospedale.

Verso le 14 esco e alle 14:20 sono lì, stanno tutti preparando i Momo a mano, ravioli tipici cinesi rivisti alla nepalese, da poi mangiare. Me ne offrono un piatto e sono ottimi anche se un po’ piccanti per via della salsina che ci mettono sopra.

Finito ci prendiamo io e Shushant 15/20 minuti di relax per digerire, lui ne ha mangiati due piatti pieni. (Qui fanno due pranzi, uno verso le 11, uno verso le 3).

Dopo iniziamo, facciamo solita mano che scende e seduta del faraone, finita questa mi dice che sta per avere un attacco, gli chiedo se vuole procedere, mi dice di sì. Durante la sensibilizzazione sento le sue gambe tremare, ma vado avanti. Lo mesmerizzo facilmente, ma anche in questo stadio ipnotico la crisi parte lo stesso, spero che sotto mesmerismo passi, ma così non è, continua fino al punto che sembra cadere dalla sedia, a quel punto lo tiro su e lui stesso si alza e chiama l’infermiera che accorre, lo porta in un salottino e cerca di tranquillizzarlo. La crisi va avanti a tratti, io lo seguo un po’ a distanza, sentendomi in colpa anche se forse l’unica colpa che ho è di non aver chiamato subito l’infermiera e aver provato a risolvergliela io, non certo di avergliela creata.

La crisi dura in tutto un 30 minuti post mesmerizzazione, lui ad un certo punto abbraccia l’infermiera e dopo poco mi chiama “George” perché lo abbracci pure, cosa che ovviamente faccio, e nel mentre gli dico di fare respiri profondi. Torna nel salottino e la crisi sempre a tratti continua, gli consiglio e faccio vedere di fare tapping sullo sterno, lui lo fa e non so se sia per quello la crisi piano piano si ferma. Lui è l’infermiera parlano in nepalese, ho il sospetto che parlino male di me, come se fossi io il responsabile, ma lui poi mi dice che così non è, stavano parlando del fratello che stava per venirlo a prendere perché la mamma è sensitiva e aveva percepito che lui era sotto crisi. Lui dice al fratello di non venire, è una volta placato il tutto, mi dice di andare di là io e lui. Una volta di là, con mio grande stupore, mi chiede di mesmerizzarlo di nuovo. Io gli chiedo se era sicuro, mi dice di sì. Agisco, sensibilizzazione e mesmerizzazione, facile come al solito, lo tengo 25 minuti perché poi il fratello sarebbe dovuto arrivare a prenderlo. Durante questa sessione ha meno tremori del solito. Lo risveglio e gli dico che sarebbe ora, non so se il fratello è arrivato, mi dice di no guardando il telefono, è infognato nel traffico. Allora iniziamo a parlare e gli dico che domani, domenica, mi sarei preso pausa, avevo anch’io bisogno di staccare, lui viene lì tutti i giorni, 7 giorni su 7. Gli propongo per la settimana prossima di cercare di lavorare sulla causa del problema, di cercare di capirla, attraverso l’interrogazione dell’inconscio, la mia tecnica preferita. Mi dice ok e che il fratello è ancora infognato, gli propongo allora di farlo subito ed acconsente.

Lo mando giù velocemente ed incomincio a chiamare il suo inconscio, inizialmente risponde solo con segnali ideomotori, muove il dito alle mie richieste. Io sprono il suo inconscio a parlare, inizia con qualche risposta “si” o “no” alle mie domande, poi arriva la domanda topica: “inconscio di Shushant tu sai che Shushant ha queste crisi, mi puoi dire qual’è la causa, l’evento e/o l’emozione che le genera”, 10 secondi di silenzio e poi arriva la rivelazione, mi dice:”the fear of abandonment”. BINGO, ho trovato la chiave.

Chiedo allora all’inconscio di Shushant di farmi parlare con la paura dell’abbandono, parte che risiede nel suo inconscio. Acconsente e “me la passa”, inizio a parlarci facendogli capire che parte di questa paura ci stava, ma un’altra parte era esagerata e creava queste crisi stile epilettico a Shushant che erano assolutamente disfunzionali per lui, mi risponde che comprendeva, che avevo ragione.

A quel punto ordino a quella parte della parte(paura dell’abbandono) di entrare nella luce, fondamentale di andarsene. “1,2,3, vai nella luce” dico io, chiedo poi conferma all’inconscio che fosse realmente entrata nella luce, ma l’inconscio mi dice di no. Un classico, alla prima volta non ci entrano mai e si nascondono le parti, hanno paura di entrare nella luce. Allora glielo ordino una seconda volta e questa volta ci va.

A questo punto il vuoto lasciato da quella parte deve essere colmato da uno o più altro comportamento etico, ecologico e funzionale e chiedo all’inconscio stesso di trovarlo, gli lascio un po’ di tempo per farlo. Dopo un minuto circa gli chiedo se ne ha trovato almeno uno, mi risponde di sì, uno, “self love”, amore per se stesso. Perfetto penso io. Chiedo allora all’inconscio se tramite questo lavoro le crisi sarebbero ora passate, mi risponde ”ha aiutato molto”(quindi non del tutto). Gli chiedo poi se il mesmerismo sta aiutando Shushant da questo lato, e mi risponde di sì.

A quel punto, con una deinduzione volta a portare sul lato conscio tutto quanto fatto con l’inconscio, riporto nel qui e nell’ora(risveglio) Shushant.

Gli chiedo un feedback facendogli presente che quanto successo era importantissimo, avevamo trovato la causa del suo malessere, l’emozione negativa repressa che causava quelle crisi e che avremmo lavorato settimana prossima proprio su quella.

Mi dice che si era appena reso conto che aveva mentito a me, e soprattutto a se stesso. Non voleva farsi vedere fragile e aveva negato, nascosto, in primis a se stesso, ogni emozione negativa ancora presente in lui.

Gli rispondo che ora avremmo avuto un giorno di pausa, la domenica, e aveva tempo di ragionarci su e che doveva iniziare a lavorare sull’amor proprio, magari partendo dal farsi una doccia e cambiarsi i vestiti se poteva. Dal martedì che l’ho incontrato per la prima volta in ospedale era vestito sempre nello stesso identico modo e si vedeva che era da un po’ che non faceva una doccia.

Rimango ancora un po’ con lui, fino alle 18:30, mentre aspetta il fratello, e lui coglie l’occasioni per farmi alcune domande sulla sua numerologia che gli avevo fatto, ne è rimasto impressionato. In particolare mi chiede dei sui colori, giallo e viola essendo un 1k8.

Alle 18:30 lo lascio perché devo incamminarmi verso casa, poi doccia e cena coi ragazzi, e mama che si è ripresa.

Arrivato a casa, spunta Narayan con un dolore forte al ginocchio, non sa neanche lui come sia successo. Gli propongo di provare a fargli una cosa particolare e molto veloce per aiutarlo(tecnica istantanea Di Pisa), gliela faccio, il dolore si allevia, senza passare però del tutto.

Doveva essere una giornata tranquilla con giusto un mesmerismo in ospedale, invece si è rivelata un sabato impegnativo con 4 pratiche(3 in ospedale ed una a casa), con una crisi stile epilettico nel mezzo. 

Alla fine però è stata prolifica più dell’atteso, abbiamo trovato l’emozione alla base del problema di Shushant, e questo vuol dire tantissimo per chi fa il mio lavoro.

Domani giornata libera, andrò a vedere tutta una parte vecchia di Kathmandu con templi sacri. Se riesco voglio anche passare da un mall dove prendere una maglietta gialla da regalare a Shushant.

Amo sempre di più questo mio lavoro di ipnoterapista, in Italia la legge non mi permette di trattare questi casi gravi(dopo che nessun dottore è riuscito a risolverli). In Francia, UK e US potrei, ma in Italia no, non sono un dottore o uno psicologo/psichiatra.

Io non lavoro con la psicologia o la medicina, non ne so nulla, lavoro con l’energia e funziona.

Sono dovuto venire dall’altra parte del mondo, in condizione di vita difficile per qualsiasi occidentale per mettermi alla prova e soprattutto per cercare di aiutare situazioni dove nessun medico o psicologo è riuscito a far nulla.

Sono molto orgoglioso di quello che sto facendo e rimarrei qui ancora tanto se non fosse per mio figlio che amo e tante care persone che so dopo un po’ mi mancherebbero.

Vedere la fiducia che ripongono in me, dopo solo una settimana persone mai viste prima, che parlano un’altra lingua, mi dà tanta forza e mi sta cambiando come persona, nel profondo. Era probabilmente quello che avevo bisogno perché non esistono le coincidenze…

NAMASTE

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